E inoltre CAVOTI o GAVOTTI?
Lettera dell’avv. Lorenzo Catamo
Dopo la prima parte dal titolo «DIVAGAZIONI TOPONOMASTICHE: SAZZARA o ZANZARA?» passiamo ad un’altra località vegliese.
Altrettanto infelice, anche se poco conosciuta, è la storia del nome di una località del feudo vegliese ora rappresentata da una masseria: “BUCIDINA”.
Scrive il Marciano, nella sua famosa “Descrizione, origini e successi della Terra d’Otranto” degli inizi del Seicento, che “Veglie, detta Veglia, e Velia, piccola terricciuola ingrandita alquanto a’ nostri tempi di borghi (n.d.a.: vuol dire che, agli inizi del diciassettesimo secolo la Terra di Veglie -chiamata “Terra” perché l’abitato era circondato da mura- si era già estesa al di là della cinta muraria) è situata sopra un piccolo poggetto, circondata l’inverno da molte paludi, dalle quali ella ha ottenuto il nome. Fu edificata dai Greci nel tempo di Niceforo imperadore verso gli anni di Cristo 965 (ma per il nome, la fondazione e l’epoca notevoli dubbi sono stati sollevati da studi e scoperte successive, n.d.a.) e si accrebbe col tempo di territorio ed abitanti da’ distrutti casali di Santa Venia e di Bucidina a sè convicini”.
Nel già citato “Armerista” del Foscarini, si legge a pag.253, che Americo Raynaldi, nel 1284, possedeva il feudo di Bucitino presso Veglie. Notizia questa che ci viene confermata, con la precisazione della fonte, da Luigi G. De Simone che, nei suoi “Studi storici in Terra d’Otranto”, a pag. 57 fornisce un elenco di luoghi della provincia “già abitati dall’XI al XVI secolo e di pochi de’ quali ruinae vix hodierna luce supersunt” e scrive chiaramente “Bucitino (Vicitinum)” presso Veglie, posseduto da America Raynaldi Regestum del G. Archivio di Napoli, anno 1284, A, 82, 1284, B, 13.
Esiste, infine, un documento manoscritto del 1555, conservato in S. Maria ad Nives di Copertino, nel quale, parlando di “decime feudali”, si legge ancora chiaramente il riferimento al feudo di Bucidina, di cui il Conte di Copertino era barone oltre ad esserlo di Veglie e di Leverano, mentre di Galatone era marchese.
Del resto, basta guardare la particolare conformazione del feudo di Veglie, che si estende verso ovest per ben undici chilometri, per rendersi conto che la metà del feudo gli è derivata da Bucidina, la cui importanza storica viene confermata dai documenti citati ed anche dal Catasto Onciario e dalla Platea del 1749.
In definitiva, o la si chiami Bucidina (che potrebbe essere un termine di origine greca di chiara ispirazione agricola) oppure la si faccia derivare dal latino tardo (influenzato dalla lingua celtica) “bucita” che significava pascoli ove vagano i buoi o la si chiami Bucitino o, ancora la si chiami Vicitinum alla latina, non si potrà mai giungere alla comica definizione delle carte, dove chi volesse trovare “Bucidina”, si dovrà imbattere in un romantico “Vocettina”, che non trova nessuna giustificazione se non quella della ignoranza totale della nostra storia e del nostro passato.
Chi si intende, anche solo a livello rudimentale, di dialetto vegliese sa benissimo che il termine “Ucitina” dei nostri agricoltori non è e non potrà mai essere un diminutivo del termine “Uce” che, in dialetto, significa “Voce” e di cui il comico “Vocettina” dovrebbe essere il diminutivo in lingua italiana.
Anche in questo caso la nostra gente è stata, purtroppo, vittima dell’ignoranza altrui.
Vi è poi un altro madornale errore nella toponomastica vegliese, reiterato di recente, nella apposizione di una targa viaria comunale.
È ormai da tempo invalso l’uso di chiamare “Gavotti” quella masseria che, in dialetto vegliese, viene appellata “Caoti”.
Chissà perché e chissà quando è sorto questo equivoco?
Se si conoscesse un po’ meglio la storia delle nostre campagne, si saprebbe che a Galatina o a San Pietro in Galatina (all’epoca dei fatti che ci riguardano) è esistita, e non so se esiste ancora, una famiglia molto importante che risponde al cognome di Cavoti e ad un Pietro Cavoti è intitolato il museo civico di quella città.
Ebbene, nel 1600, la famiglia Cavoti diviene proprietaria di quella masseria che allora si chiamava “Antonio Favale” e ne trasforma il nome in quello attuale di Cavoti e non Gavotti, come egregiamente riportato dall’amico Antonio De Benedittis nel sito di Archeoveglie (del quale mi onoro di far parte anch’io).
Termino con un altro strafalcione che ho notato da qualche carta particolareggiata del feudo di Veglie.
Per caso, ho trovato un “Portoncelli” al posto di “Bortoncelli”, che doveva essere una piccola dipendenza della più importante masseria “Bortoni”, dal nome dei proprietari Bortone, nobile famiglia di origine spagnola residente in Veglie nel 1500.
Spero che queste divagazioni servano a qualcuno per correggere le castronerie toponomastiche che sono diffuse nel feudo cittadino.
Fine Seconda Parte
Lorenzo Catamo
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