Lettera di Angelo Cipolla
La laicità non è un attacco alla religione. Nessuno mette in discussione la fede personale di sindaci, assessori o consiglieri. Ognuno ha il diritto, garantito dalla Costituzione, di professare la propria religione. Ma proprio perché lo Stato deve proteggere tutte le fedi e anche il diritto di non averne alcuna, i rappresentanti pubblici hanno il dovere morale e istituzionale di mantenere la neutralità religiosa quando agiscono in veste ufficiale.
In un’Italia fondata sulla libertà di coscienza e sull’uguaglianza tra tutti i cittadini, non può passare inosservata una pratica che rischia di confondere i ruoli e i valori fondamentali di una democrazia moderna. Sindaco e amministratori comunali di Veglie perché devono condurre i simulacri dei Santi in processione?
Il principio di laicità, pur non essendo esplicitamente nominato, è implicito nei valori della Costituzione italiana, in particolare all’Art. 3 che recita “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di religione…” e all’Art. 7: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”. A ciò si aggiunge la giurisprudenza della Corte Costituzionale, che ha chiarito (sentenza n. 203/1989) che la laicità è uno dei principi supremi dell’ordinamento costituzionale: “Il principio supremo di laicità dello Stato implica non indifferenza nei confronti delle religioni, ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale.”
Quando un sindaco porta un santo in processione non è un semplice cittadino, ma l’autorità pubblica. E quel gesto, per quanto possa apparire carico di “rispetto e partecipazione”, può generare esclusione o imbarazzo per tutti quei cittadini che non si riconoscono in quel rito o che appartengono ad altri credo religiosi.
Se anche si voglia escludere che l’azione messa in atto abbia come obbiettivo quello di attrarre a sé la simpatia di concittadini e fedeli che ripongono nella fede grande importanza, tuttavia l’azione stessa risulta fuori luogo e priva delle necessità per cui i rappresentanti di un territorio vengono eletti.
Tradizione e rispetto possono convivere. Rispettare la laicità non significa cancellare le tradizioni popolari. Significa saperle vivere in modo inclusivo, lasciando che siano i fedeli, i parroci, le confraternite a portare avanti i momenti di fede. Il sindaco e gli amministratori possono partecipare nei limiti della correttezza istituzionale che la loro partecipazione configura.
Pretendere la laicità delle istituzioni non è una battaglia ideologica. È una richiesta di giustizia democratica, di rispetto per la pluralità, di coerenza con i valori costituzionali. Perché le istituzioni siano davvero di tutti. Anche di chi crede in modo diverso, o non crede affatto.
A questo proposito la garanzia del rispetto della laicità delle istituzioni si dovrà custodire e garantire con la collaborazione di tutti. Dovranno essere i cittadini a pretenderla, gli amministratori a metterla in pratica e i rappresentanti delle religioni sul territorio ad incoraggiarla.
Angelo Cipolla
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Sai Angelo che sono 2 giorni che penso la stessa cosa ? Non voglio mettere in dubbio la devozione dei portantini verso il mio Santo, ma quantomeno farlo senza quelle inappropriate, in quel contesto, fasce.