Lettera dell’avv. Lorenzo Catamo
Accade spesso che i nomi dei luoghi vengano deformati dall’uso, o meglio, dall’abuso che deriva dall’intervento, nella tradizione popolare, di personaggi che di sé hanno molta stima e ritengono di possedere tutto Io scibile umano.
Anche nella nostra realtà locale si è verificato l’intervento massiccio di questi presunti “sapienti” che, poi, con molto poco sforzo, si può riuscire a dimostrare essere soltanto “saccenti”, se non peggio.
Per quanto ci riguarda, due sono i casi eclatanti che ancora persistono, nonostante si sia cercato più volte di correggere l’errore con dovizia di documenti.
È addirittura esilarante la vicenda vissuta dalla masseria “Sazzara” (storicamente vegliese, nonostante sia divisa tra il feudo di Leverano e quello di Nardò) che pure è un luogo di una certa importanza storica, per il quale non sarebbe stato e non è, allo stato delle conoscenze attuali, difficile correggere il clamoroso errore che la fa denominare ancora “Zanzara”.
Persiste nella cantonata anche un illustre e, per altri versi, ineccepibile scienziato (che non nomino per rispetto alla sua memoria), il quale, fidandosi troppo delle sue conoscenze di geografo, conclude con assoluta certezza in un suo scritto che il toponimo “Zanzara” è da riferirsi al fastidioso insetto di cui esistono larghe colonie nella vicina zona di Arneo.
L’illustre studioso non ha letto, e come lui quelli che perseverano nell’errore grossolano, il Catasto Onciario di Nardò, dove i tra i beni di Francesco Carignano, duca di Novoli e marchese di Trepuzzi, si trova questa descrizione:
“Masseria nominata Lo Sazzara consistente in case, curti, aja, trozza, trappeto in ordine atto a macinare olive, con alberi d’olive fruttiferi e olivastri e cormuni numero 7.000 in circa ed un seminativo H 281 di terre tra seminatorie, agresti e macchiose. Confina da scirocco con la Masseria Donna Menga, da ponente con la masseria Santa Chiara, da levante con i beni del barone Massa e da Tramontana con altri suoi beni” ( A. Costantini – Guida alle Masserie del Salento – Congedo Editore).
La masseria, la cui prima data di costruzione è quella del 1470, faceva parte del feudo di San Todero (o San Teodoro) che, verso la metà del XVI secolo (a far data dall’1 ottobre 1558) apparteneva ad un certo Elia Saczar o Sazzara, abitante in Veglie.
Dai Sazzara la masseria passò poi ai Carignano con i quali avevano imparentato (ibidem) per matrimonio di Laura (1655) con Giovanni Lorenzo, 10° barone di Carignano.
Nell’ “Armerista e notiziario delle famiglie nobili, notabili e feudatarie di Terra d’Otranto” di Amilcare Foscarini, vi è una più ampia descrizione della famiglia Sazzara e della sua storia e può leggersi:
“Nobile famiglia di Terra d’Otranto, originata dalla illustre famiglia Salazar, ma non possiamo, per mancanza di documenti, determinare a qual ramo appartenga.
Il primo di cui si ha notizia in Terra d’Otranto è il nobile Elia Sazzara (sic) il quale domiciliava in Veglie e nel 1568 era in età di circa anni 56.
Ebbe parecchi figli a nome Achille, Cesare, Pompeo, Marcantonio ed Annibale, alcuni dei quali ebbero discendenti che, in prosieguo di tempo, si stabilirono in San Crispieri , Galatone, Lecce e Nardò. Che la famiglia Sazzara e Salazar siano tutt’uno, si rileva, tra l’altro, dal fatto che il mentovato Elia nei documenti dell’Archivio di Stato in Napoli ora è appellato Salazar (Partium della Summaria, vol. 341, fol.92 e vol. 419, fol 231) ed ora Sazzara (Repertorio dei Quinterni, vol 2°, anno 1608). I suoi discendenti furono cognominati Sazzara, come si rileva anche dalla Numerazione dei fuochi di Galatone (Arch. di Stato in Napoli) e dai capitoli matrimoniali del 9 novembre 1635 in atti di Notaro Gio. Francesco Garrapa di Lecce, tra Giuseppe Sazzara e Lucrezia Simonetta di Mario Barone di Zollino.
lmparentarono i Sazzara non solo coi Simonetta, ma coi Massa, Paladini, Vernaleone, Sansonetti di Gallipoli, Tiso di Nardò, De Ferraris, Carignano e con altri.
Possedette questa Casa il feudo di S. Todero o S. Teodoro, presso Nardò, del quale, a 1 ottobre 1558, era investito il magnifico Elia Salazar”.
È evidente, a questo punto, che il nome antico di “Lo Sazzara” si involgarì, nel dialetto vegliese (perché a Veglie e alla sua storia è legata questa masseria) in “Sanzara” e, con questo nome, attraversò i secoli forse fino all’unità d’italia, quando probabilmente i nuovi padroni (discesi dal Nord), si trovarono alle prese con un termine dialettale da italianizzare per la cartografia ufficiale e non trovarono di meglio, potendo sicuramente escludere che “Sanzara” fosse un santo, che tradurre il nome in quello deIl’animaIetto che tormenta le nostre notti estive.
Fine Prima Parte
Lorenzo Catamo
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