OMICIDIO CORIGLIANO, TOMA: «DIEDI IO IL COLPO DI GRAZIA»

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Il collaboratore di giustizia ha raccontato le fasi salienti del delitto consumato nell’89

 N.Q.d.P.  9/4/14 – Francesco OLIVA

VEGLIE –  «Mi tolsi la pistola, una calibro 38, dalla cintola dei pantaloni e gli diedi il colpo di grazia sparandolo in testa».

E’ il passaggio clou della deposizione rilasciata in video-conferenza dal collaboratore di giustizia Dario Toma, 45 anni di Campi Salentina, nel-l’ambito del processo in abbreviato cui è imputato il 59enne Antonio Pulli, difeso dall’avvocato Elvia Belmonte.

L’accusa nei suoi confronti è quel la di omicidio volontario, aggravato dalle modalità mafiose e dall’aver agevolato l’associazione criminale conosciuta come “Scu” per la lupara bianca di Giovanni Corigliano, di Veglie, come l’imputato, le cui spoglie, a distanza di anni, non sono mai state ritrovate.

Ieri mattina, dinanzi al gup Simona Panzera, Dario Toma, l’ex braccio destro del boss ergastolano Gianni De Tommasi ha ripercorso la preparazione e le fasi di quell’omicidio datato novembre ’89 del quale avevano già parlato sia Cosimo Cirfeta che Maurizio Cagnazzo prima del pentimento nel 2001 di Toma. L’omicidio di Corigliano venne deciso a tavolino nel corso di un summit svoltosi in una masseria a Gallipoli, al quale secondo quanto riferito da Toma avrebbero partecipato lo stesso Pulli, Gianni De Tommasi (allora latitante) e i fratelli Cosimo e Antonio D’Agostino. Il progetto di eliminare Corigliano maturò perché il vegliese si era avvicinato troppo al clan Tornese e smaniava dall’idea di poter allargare i propri affari illeciti. «Io ero in quella masseria — ha dichiarato in videoconferenza Toma — ma non diedi il mio placet all’omicidi0». Dopo un paio di giorni, però, venne comunque consumato il delitto. Corigliano fu accompagnato dai fratelli D’Agostino in un luogo appartato alla periferia tra Salice e Campi con il pretesto che avrebbe dovuto incontrare De Tommasi. Il commando di morte sarebbe stato composto da Franco Adriano, Francesco Taurino, Antonio Calabrese oltre ai fratelli D’Agostino.

In attesa dell’arrivo di Corigliano venne preparata una buca nei pressi di una discarica edile. Secondo la ricostruzione di Toma, Taurino crivellò di colpi Corigliano appena sceso dall’auto e la vittima cadde nella buca. Nonostante i tanti colpi ricevuti il vegliese rantolava ancora e a quel punto «mi tolsi la pistola, una calibro 38, dalla cintola dei pantaloni e gli diedi il colpo di grazia sparandolo in testa», così come dichiarato da Toma in videoconferenza. Poi il corpo di Corigliano venne ricoperto con del materiale di risulta. Già nel 2001 il 45enne di Campi accompagnò gli investigatori sulla scena dell’omicidio in cui era stato consumato il delitto ma lo stato dei luoghi era ormai cambiato e il cadavere non fu mai ritrovato. L’asc0lto di Toma era stato richiesto dallo stesso sostituto procuratore Gugliehno Cataldi e dal gup Simona Panzera e il processo, che si sta celebrando in abbreviato, è stato aggiornato al prossimo 28 maggio per l’ulteriore discussione  e sentenza. Già nel novembre 2001, subito dopo la sua decisione di avviare una collaborazione con gli inquirenti, Toma, in un verbale di interrogatorio, ricostruì l’omicidio  di Corigliano che per il 45erme «si meritò la condanna a morte per il suo avvicinamento al clan Tomese dopo una decisione assunta all’insaputa di Cirfeta, padrino di Corigliano».

dal Nuovo Quotidiano di Puglia di Mercoledì 9 Aprile 2014 – Francesco OLIVA

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