«Di padre in figlio per non cancellare i ricordi dei lager»

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Angelica Bardoscia racconta la serata vegliese dello scrittore Marcello Kalowski

In occasione della giornata della memoria l’associazione “Il presidio del libro” di Veglie ha organizzato un incontro pubblico con Marcello Kalowski, figlio di un sopravvissuto all’Olocausto ed autore del libro “Il silenzio di Abram. Mio padre dopo Auschwitz”.

La presentazione del libro ha dato l’opportunità di analizzare la tragedia della shoah da una prospettiva insolita: quella di un figlio che si assume l’onere di dare voce al silenzio del padre.

Un silenzio che per Abram diventa un muro dietro cui lasciare i ricordi dell’orrore vissuto. Un muro che il figlio tenterà in ogni modo di abbattere.

Per circa 14 anni dopo l’esperienza nel campo, Abram conduce una vita all’apparenza “normale, è un uomo brillante e un padre affettuoso, ma basterà un ricovero in ospedale per farlo cadere nel baratro della depressione.

Lo scrittore considera quella depressione un viaggio e decide così di restare accanto al padre nel tentativo di rimettere insieme i pezzi di quella vita interrotta.

Ma le ferite inferte sono profonde e neppure l’incontro con il fratello, per molti anni lontano, servirà a ritrovare quella “normalità” disperatamente cercata.

Solo in punto di morte Abram tornerà a sorridere e il figlio capirà che il lungo viaggio del padre si è ormai felicemente concluso.

La bellissima testimonianza di Marcello Kalowski accende un faro sui devastanti effetti che le “scorie” rilasciate dall’Olocausto continuano a produrre nel corpo e nell’anima dei sopravvissuti alla prigionia.

Un plauso meritano i ragazzi del presidio del libro per l’impegno profuso in questa come in molte altre precedenti occasioni.

Un grazie sento di dover dire a chi, malgrado il dolore del ricordo, non si stancherà mai di raccontare.

E’ stata una serata stimolante, la partecipazione attiva e interessata ma contenuta ai soliti, peccato che la maggior parte dei docenti non fosse presente e che il resto del paese sia così avaro nel dedicare qualche ora di tempo ad ascoltare.

Angelica Bardoscia

6 febbraio 2016

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