Antonio Greco: «UN PAESE “INUTILE”»

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UN PAESE “INUTILE”

Lettera di Antonio Greco:

VEGLIE – In questo tempo segnato da stanchezze, frustrazioni, ansie ma anche di ripresa, non so se ho la forza e la serenità di porre l’attenzione sul Consiglio comunale ultimo del 24 maggio u.s.. Ci provo.

L’approvazione del Documento Unico di Programmazione (DUP) e  del Bilancio di previsione  per il 2021 sono atti fondamentali per un Comune. Quasi sempre  rimangono atti formali e senza anima locale,  dovuti per legge, da ripetere ogni anno con la stessa ritualità e le stesse logiche: la maggioranza che guarda al futuro e  chiede  di  essere  giudicata  solo  a  consuntivo;  la  minoranza  che guarda  alle  previsioni economiche  e finanziarie con scetticismo e ironia. La verità è che non esiste bilancio di previsione se non si basa su un serio e attento bilancio consuntivo. Non esiste bilancio di previsione svincolato dalla continuità amministrativa e da responsabilità di chi ha amministrato nell’immediato passato.

Cinque ore di promesse, di ricerca di finanziamenti pubblici pur che sia, di lamentele per la mancanza di personale, di “non disturbate il guidatore”, di contrapposizione pregiudiziale a qualsiasi proposta della minoranza e, un po’ meno, viceversa.

Ciò  che  conta  alla  fine  è  il  sacro  perimetro  dei  12 voti favorevoli. Il resto è “fuori”: i cittadini, i corpi intermedi, la stessa minoranza. E così DUP e Bilancio si pongono fuori dai fatti della vita di un paese, fuori dalla storia  di un Paese  che  esce  da  una  dura  pandemia,  fuori  da  una  ripresa  economica  e  finanziaria  già tracciata dal Governo nazionale, fuori dal Recovery  plan Italia (che a me  non piace molto, ma con il quale bisogna  fare  i  conti  perché  è un’occasione storica, per cogliere  la  quale  i  soldi,  da  soli,  non  basteranno. Il piano indica tre punti deboli e tre priorità del nostro Paese: Donne, giovani, Sud. Attorno a queste priorità occorre destrutturare non solo comportamenti economici, ma anche modi di fare, pratiche, rapporti sociali molto radicati nella nostra società), fuori dal Masterplan che sta costruendo l’Università del Salento per un indirizzo e un’idea di sviluppo di tutta la Terra d’Otranto, fuori dal Contratto Istituzionale di Sviluppo (CIS) Lecce-Brindisi.

Certo un ente  locale  deve guardare alla concretezza dei problemi, puntare  sui servizi (opere pubbliche, manutenzione, marciapiedi, smaltimento rifiuti, viabilità, illuminazione, contenzioso,ecc.) per assicurare un livello accettabile nella qualità della vita vegliese. È importante far quadrare i conti. Ma l’attenzione ai soli servizi non basta. Se fosse così, per i servizi basterebbero i funzionari, per i conti basterebbe  il ragioniere. Occorre anche “altro”.

Ciò  che  manca  è  una  prospettiva,  un  orizzonte  verso  cui  tendere,  non  un  sogno, non un’utopia ma  un progetto partecipato fondato su dati certi, in un quadro di riferimento in cui inserire il quotidiano con le sue contraddizioni e le sue stanchezze ma anche con le sue potenzialità. Come negli ospedali non bastano i pronto soccorso per risolvere i problemi, anche dal punto di vista sociale è necessario mettere insieme servizi e idee, quadro  e  cornice, e  tenere  conto  di  ciò  che  si muove  dentro,  intorno e oltre l’ente locale .E  per  questo  ci vuole “la politica”.

Ma Veglie (come molta parte del sud) è un paese depauperato delle sue enormi potenzialità da una classe politica  che  quasi  mai  ha  lavorato  nei  termini  di  una  progettualità. Per  questo  è  diventato una piccola geografia di contraddizioni: terreni incolti, anche a causa della xilella ma non solo, case chiuse e abbandonate per  decrescita  antropologica,  distese  luccicanti  di lastre  fotovoltaiche,  solitudine  del  vento  e  scempio  di possibili parchi eolici, mega Piano Urbanistico Generale del 1987e 22 comparti quasi tutti inutilizzati, mega pomodorificio, megasansificio, megaeolico, mega fotovoltaico…, da una parte. Giovani emergenti, rimasti o che ritornano, nella nuova agricoltura, nell’arte, nella musica, nell’artigianato, nelle nuove tecnologie e nel turismo, dall’altra.

Veglie è un territorio che ha smarrito l’elegia della civiltà contadina e si è ritrovato a subire i contraccolpi dell’epoca postindustriale: dalla masseria alla discarica, cioè dal premoderno  al  postmoderno,  senza purtroppo aver attraversato il paradigma della modernità: così Veglie ha perso la dimensione di paese per guadagnare l’immagine di paese periferia, in cui prolifera la condizione della lamentela, del disastro e della scontentezza, cioè l’identità di “un paese inutile” reso tale da un ente locale “inutile”, principale causa di questa negativa identità.

Ad ascoltare, dopo pochi giorni, il dibattito dell’ultimo consiglio comunale sono stato preso da una triste malinconia. “Inutile” è un aggettivo molto  duro  per  un  paese.  Odora  di  polvere  e  di  silenzio.  Documenta l’assenza di speranza. E non è questo lo scopo di questo scritto.

Scrivo  non  per  un  ennesimo tentativo  irrisolto  di  denuncia.  Scrivo  per  indicare un necessario antidoto: prepararsi e stimolare a un’epoca che prediliga la ricerca e registri il bisogno di costruire una idea-paese, non a tavolino, ma che coinvolga imprese, lavoratori, sindacati, associazioni, gruppi, cittadini e  amministratori ai quali soli, purtroppo, si ritiene affidata la bacchetta per dirigere l’orchestra.

Non conosco tutti i componenti dell’attuale consiglio comunale. Non so che cosa avviene all’interno dello spogliatoio  della  maggioranza. E mi  scuso  se  mi  rivolgo  a  chi sta invecchiando  nella amministrazione per suggerire, quasi sottovoce, alcune indicazioni.

Dal primo consiglio comunale del 12 ottobre 2020 all’ultimo consiglio comunale del 24 maggio us. ho notato un fatto che non so se definire “nuovo”. Certamente è un “cambiamento”. Ronzino Sabato, di fatto, ha guidato, non sempre al meglio, la maggioranza in quest’ultimo consiglio. Da accusatore del sindaco nel primo  consiglio  del  12  ottobre  2020 (cfr. la metafora del “monile” per  dire  di  essersi  sentito usato  per  le votazioni) a  suo  sostituto in quest’ultimo.  Non  so  che  cosa  è  accaduto  e  non  mi  interessa  sapere  perché Sabato  è  tornato,  di  fatto, a  fare  il  sindaco.  Non  so  nemmeno  se è  una  tattica  politica,  che Sabato per esperienza sa ben usare. Al sindaco, “inadeguato politicamente”, per le palesi contraddizioni in cui incappa spesso e per le sue reazioni politiche emotive, è rimasto il ruolo del Pagliaro locale, anche se del consigliere regionale  non  ha  le  doti  e  le  capacità  politiche, e continuerà  a far  mostra della  fascia in  convegni  e manifestazioni.

A Sabato e ai suoi della maggioranza e a tutti i vegliesi che hanno a cuore il paese, dopo otto mesi di vita amministrativa e all’inizio di questo mandato,  mi  permetto,  senza  voler  fare  il  professore, di  dare due indicazioni precedute da una precondizione:

  • a chi sostiene che, a proposito di moralità pubblica, bisogna guardare al ruolo istituzionale e non alla persona che lo incarna, consiglio il riferimento costante all’art. 54: “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore”;

suggerisco poi:

  • la estrapolazione, la  conoscenza  e  lo  studio  dei big  data della  Camera  di  Commercio riguardanti la situazione anagrafica, economica e sociale degli ultimi 20 anni della storia di Veglie. I big data servono per capire evoluzione sociale, il punto in cui siamo e per una progettazione di un idea-paese fondata e non sognata;
  • la lettura di  un  libro  scritto  da  esperti sul campo che aiuta a costruire un’idea-paese  ancorata  ai principi costituzionali e alla ripresa post-pandemica. Indico quello a cura di D. Cersosimo e C. Donzelli, Manifesto per riabitare l’Italia, Donzelli Editore, 2020, pp.227.

Spero che qualcuno,arrivato alla fine della lettura di questo scritto, non commenti: “E magari ca’ fischi”!

Veglie 28 maggio 2021

Antonio Greco

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